Alpe CAMPO

 

Seduto sulle rocce prospicienti l’ingresso, attendo che le luci del tramonto trascolorino nelle ombre della notte.Le cime dei monti che coronano la conca dell’ alpe s’attizzano di rosso e, come brace, consumando lentamente si spengono. Sfumano i contorni degli antichi muretti a secco, che tracciano geometrici disegni dividendo il pascolo in irregolari parcelle.

Più profonda e buia appare la sinuosa cicatrice che per tutto un lato lo segna ed al cui fondo l’Artogna gorgoglia tra i sassi,  prima di precipitare a valle, cascando da una gola, in una tinozza di blu riflesso dal cielo. Lo accompagna, alle volte, fondendosi in unica melodia, il rugolare di un gallo.
La solitudine è così vasta e profonda che uno struggente sgomento dilaga nell’animo strizzando dal cuore  voglie di pianto. Nel buio incipiente, le umili dimore estive di antichi alpigiani paiono stringersi l’un l’altra sostenendosi; son baite che conoscono l’ angoscia senza cielo della sepoltura invernale.
Dalle piode sconnesse del tetto filtrano i tremuli bagliori del fuoco; il fumo ne esce quando gli aggrada.

E’ tempo d’entrare. Consumi in fretta la minestra, in cui hai sciolto generose fette di toma, prima che il freddo ne smorzi il tepore ed i sapori.
I cani, stanchi, fanno prima la giostra, poi di sè ciambella, mugugnando le recenti fatiche, accanto all’ incerta fiamma che arde di silenziosi ontani. I  suoi riflessi, varcando la soglia delle palpebre socchiuse, tessono fluttuanti ragnatele di luce.

La notte, sembra non finire mai. Tanto chiara d’argentea luce con una fetta di luna nel cielo limpido, quanto buia, che buia più non potrebbe, se basse nuvole prendon possesso dell’alpe, tutto avvolgendo e nascondendolo alle stelle. Già, le stelle;  cammini nella notte e ti vien di farlo a capo chino, quasi inconsciamente ad evitare di incocciare quella tremula volta di milioni di luci sfavillanti, tanto bassa da rimanervi impigliati; altre volte ti vien la voglia di alzare un braccio e provare a toccarla, poi non lo fai per paura che s’avveri.

Intanto il freddo si fa pungente, ti cali il berretto sulle orecchie e prima di rannicchiarti in fondo alle coperte, dai uno sguardo alla finestrella, strologando il tempo dalla luce che ne filtra. 
Ma chi te lo fa fare ?!?
 
Sorridi.

 
Vi sono momenti e luoghi il cui incanto lascia estasiati, senza respiro, dove la terra si fonde al cielo e tu con loro; la tua anima, come un piccolo banco di nebbia sospinto dal vento, lambisce le cime e si disperde nell’azzurro infinito. 


Lirurus Tetrix

 

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